17 Luglio 2025
Assemblea annuale dei Soci
La relazione del Presidente Oriana ha ripercorso le attività degli ultimi dodici mesi soffermandosi, inevitabilmente, su quello che ha definito il “tema dei temi”, ovvero la vicenda giudiziario-urbanistica milanese
Si è tenuta il 17 luglio scorso, presso il Ristorante Orti del Belvedere, l’annuale Assemblea dei Soci ASPESI.
Prima di procedere alle doverose formalità legate all’approvazione del bilancio consuntivo al 31.12.24 ed al preventivo per l’anno 2025, il Presidente Nazionale Federico Filippo Oriana ha presentato ai Soci la sua relazione che ha ripercorso le attività degli ultimi dodici mesi soffermandosi, inevitabilmente, su quello che ha definito il “tema dei temi”, ovvero la vicenda giudiziario-urbanistica milanese.
Qui di seguito riportiamo i passaggi principali della relazione:
“L’azione dell’ASPESI e mia nei 12 mesi decorsi dalla scorsa assemblea è stata assorbita in netta prevalenza dalla vicenda giudiziario-urbanistica milanese. E questo è stato inevitabile, non perché siamo milanesi (che non lo siamo -o non lo siamo più- come Associazione), ma perché siamo promotori immobiliari: questa è l’associazione degli imprenditori privati che realizzano le operazioni immobiliari e l’attacco è stato portato da Politica e Giustizia proprio alle operazioni immobiliari private di recupero, quindi di rigenerazione urbana. Sottrarsi a questa battaglia, restando nella comfort zone di un’associazione sulla cresta dell’onda per il continuo aumento delle nuove iscrizioni, per la bellezza delle materie che studia e tratta e per l’interesse dei meeting che organizza in tutta Italia avrebbe significato tradire di fatto il sostegno morale e materiale che le società immobiliari associate ci danno da sempre. E tradire anche le aziende e gli studi professionali della filiera, perché il mondo industriale, quello professionale e quello dei servizi che vivono con e per l’edificio non potrebbero sopravvivere se si fermasse il meccanismo della trasformazione immobiliare e il mercato.
Questo non significa che non abbiamo portato avanti i meeting di approfondimento tecnico, i convegni sul mercato immobiliare, gli incontri a livello territoriale di networking per favorire il business, abbiamo continuato a fare tutto sia a livello nazionale che territoriale, vuol dire solo che abbiamo dato la prima priorità alla battaglia per una normativa urbanistica di sviluppo e non di blocco. Perché questo oggi è per noi immobiliaristi il tema dei temi. Così come lo fu la fiscalità immobiliare nel 2006 e seguenti, dal DL 223 cd.Bersani in poi quando fu portato al nostro lavoro un attacco senza precedenti con quattordici nuove norme di fiscalità immobiliare depressive e punitive a posteriori, che -more solito- cambiavano le carte in tavola anche per gli investimenti in corso, anche internazionali.
Questa volta è accaduto lo stesso a impulso dell’Autorità Giudiziaria inquirente e non delle istituzioni democratiche, ma a ben vedere la cattiva politica ha avuto anche questa volta le sue brave colpe, perché se l’attuale Amministrazione del Comune di Milano avesse fatto la propria parte affermando il massimo rispetto per il ruolo della Giustizia, ma rivendicando per sé il compito che la Costituzione assegna in Italia ai Comuni -stabilire dove e come si costruisce- lasciando poi alla Giustizia il suo ruolo costituzionale di controllo di legalità, questo pasticcio si sarebbe risolto nel rispetto di tutti e anche della legalità. Per questo si deve sperare, a mio avviso, in un cambio di Amministrazione senza il quale non si avrà a Milano né lavoro immobiliare privato né case per il ceto medio (ma probabilmente -visto come ragionano nell’attuale maggioranza comunale- nemmeno case popolari in numero sufficiente).
A parole tutti, anche la sinistra al potere, riconoscono che il deficit abitativo è insostenibile a Milano, ma in fondo pensano che le case che facciamo noi non siano quelle che servono. Noi invece -che sappiamo che la nostra produzione core non è di lusso- siamo ben convinti che la nostra produzione dovrebbe essere notevolmente incrementata, anche perché questo deficit del 256% certificato dal Prof. Cottarelli nella sua ricerca del 2024 va ad impattare drammaticamente su prezzi e canoni dei soli alloggi esistenti, quelli usati, determinando una città sempre meno accessibile -anche al ceto medio e medio-alto- per il paradosso dell’attrattività (la città che più attrae e più respinge per l’esplosione di prezzi e canoni locativi degli alloggi). Lascia, quindi, francamente perplessi l’accusa che abbiamo sentito lanciare ieri che a Milano è in corso una “indiscriminata espansione edilizia”. In un territorio piccolo e tutto urbanizzato, in cui non si può (giustamente) consumare un solo metro di nuovo suolo, ma che in compenso vede oltre 200 aree ex-produttive abbandonate, veri “buchi neri” del tessuto urbano, non si comprende come si potrebbe dare una risposta al bisogno di nuove case senza consumare suolo se non recuperando questi buchi neri esistenti, trasformandoli da stabilimenti ex-produttivi a case di abitazione. E vorrei ricordare anche che per noi imprenditori immobiliari l’edilizia non è un fine, ma solo un mezzo sia pure indispensabile per il nostro fine unico (e core business) che è la valorizzazione immobiliare e, quindi, territoriale. Non avendo le imprese edilizie con i relativi dipendenti e costi fissi, le società immobiliari non vogliono costruire per costruire, ma al contrario valorizzare i propri immobili costruendo meglio (edifici sostenibili e performanti) e solo quello che serve.
In conclusione, fermo restando che sul medio termine si dovrà mettere mano al format istituzionale di Milano (facendo un solo vero comune dell’attuale città metropolitana), per città con l’emergenza abitativa come Milano e Roma bisogna intensificare le operazioni di rigenerazione urbana attraverso la demolizione e ricostruzione non il contrario, perché non esiste altro modo al mondo per creare case senza consumare suolo e recuperare aree degradate.
Ma per intensificare la produzione di nuovi alloggi residenziali privati (case, in poche parole) in vendita o in affitto (da recupero di aree dismesse e/o degradate per non consumare nuovo suolo) è necessaria un’assunzione di responsabilità politica, una decisionalità, da parte della Pubblica Amministrazione. Perché questo tipo di interventi -così belli e necessari- costano di più e ricavano di meno di quelli tradizionali: devono, infatti, affrontare extra-costi per demolizioni e bonifiche e sono quasi sempre ubicati in zone di minore pregio commerciale. Sono destinati, quindi, a rimanere abbandonati come sono attualmente se non sostenuti a livello adeguato dalla mano pubblica. Può non piacere, ma è così, è un fatto. Occorrono incentivi, ma quali? Io non credo negli interventi diretti, in denaro, da parte della P.A.: non credo vi siano i soldi per farli e anche se ci fossero non mi parrebbe il metodo giusto. Parliamo di operazioni immobiliari private e, quindi, vedo molto pericoloso –sia per rischi di distorsioni che addirittura di corruzione- che dei funzionari pubblici possano decidere quale intervento sovvenzionare e quale no. E a Milano e a Roma gli incentivi in denaro non sono nemmeno necessari, basterebbe accelerare gli iter autorizzativi (con tempi paragonabili a quelli dei principali paesi del mondo), semplificare le procedure e incentivare con riduzione degli oneri comunali gli interventi che realizzano finalità pubbliche di recupero territoriale, risanamento ecologico e, quindi, rigenerazione urbana.
Il Comune di Milano, invece, sull’onda del discutibile metodo del “non sono d’accordo ma mi adeguo” ha fatto il contrario: ha deciso di fare un passo indietro (invece dei due avanti che noi chiedevamo) eliminando -sull’onda dell’emotività dell’inchiesta in corso- quelle timide semplificazioni della demo-ricostruzione introdotte da ben quattro leggi nazionali a partire dal TU dell’edilizia del 2001 in poi (e in particolare dall’ultima, il DL n. 76 del 16/7/2020) e dalla legge urbanistica lombarda n.12 e sue successive modificazioni (in particolare la legge n.18/19 sulla R.U.). Le cosiddette “Linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistico-edilizia”, approvate con deliberazione G.C. n. 552/2025, e alle conseguenti disposizioni introdotte con la Determinazione dirigenziale n. 4192/2025 e la Disposizione di Servizio n. 2/2025 che hanno ufficializzato questo grave passo indietro presentano peraltro gravi profili di illegittimità che dovranno essere rilevate dalla giurisdizione amministrativa, costituzionalmente competente a valutare la legittimità degli atti amministrativi generali e particolari.
In conclusione, posso rassicurare i Soci ASPESI -milanesi e di tutta l’Italia che la loro Associazione non mancherà di proseguire -nonostante i tempi difficilissimi e l’impopolarità legata alla non conoscenza delle caratteristiche e valenze della promozione immobiliare, mestiere diverso da quello delle imprese di costruzione- la propria trentennale azione di promozione di una normativa fiscale e urbanistica di sviluppo e non depressiva. Lo faremo con la serena coscienza della indispensabilità e valenza socio-ambientale del mestiere di recupero e investimento immobiliare, residenziale e non. Perché tutte le principali fasi della nostra giornata si svolgono in contenitori immobiliari ed è bene, quindi, che questi siano belli, ecologici, energeticamente performanti e socialmente affrontabili. Non è un sogno: è quasi sempre stato così nel nostro bel Paese e così deve tornare ad essere”.
Prima di procedere alle doverose formalità legate all’approvazione del bilancio consuntivo al 31.12.24 ed al preventivo per l’anno 2025, il Presidente Nazionale Federico Filippo Oriana ha presentato ai Soci la sua relazione che ha ripercorso le attività degli ultimi dodici mesi soffermandosi, inevitabilmente, su quello che ha definito il “tema dei temi”, ovvero la vicenda giudiziario-urbanistica milanese.
Qui di seguito riportiamo i passaggi principali della relazione:
“L’azione dell’ASPESI e mia nei 12 mesi decorsi dalla scorsa assemblea è stata assorbita in netta prevalenza dalla vicenda giudiziario-urbanistica milanese. E questo è stato inevitabile, non perché siamo milanesi (che non lo siamo -o non lo siamo più- come Associazione), ma perché siamo promotori immobiliari: questa è l’associazione degli imprenditori privati che realizzano le operazioni immobiliari e l’attacco è stato portato da Politica e Giustizia proprio alle operazioni immobiliari private di recupero, quindi di rigenerazione urbana. Sottrarsi a questa battaglia, restando nella comfort zone di un’associazione sulla cresta dell’onda per il continuo aumento delle nuove iscrizioni, per la bellezza delle materie che studia e tratta e per l’interesse dei meeting che organizza in tutta Italia avrebbe significato tradire di fatto il sostegno morale e materiale che le società immobiliari associate ci danno da sempre. E tradire anche le aziende e gli studi professionali della filiera, perché il mondo industriale, quello professionale e quello dei servizi che vivono con e per l’edificio non potrebbero sopravvivere se si fermasse il meccanismo della trasformazione immobiliare e il mercato.
Questo non significa che non abbiamo portato avanti i meeting di approfondimento tecnico, i convegni sul mercato immobiliare, gli incontri a livello territoriale di networking per favorire il business, abbiamo continuato a fare tutto sia a livello nazionale che territoriale, vuol dire solo che abbiamo dato la prima priorità alla battaglia per una normativa urbanistica di sviluppo e non di blocco. Perché questo oggi è per noi immobiliaristi il tema dei temi. Così come lo fu la fiscalità immobiliare nel 2006 e seguenti, dal DL 223 cd.Bersani in poi quando fu portato al nostro lavoro un attacco senza precedenti con quattordici nuove norme di fiscalità immobiliare depressive e punitive a posteriori, che -more solito- cambiavano le carte in tavola anche per gli investimenti in corso, anche internazionali.
Questa volta è accaduto lo stesso a impulso dell’Autorità Giudiziaria inquirente e non delle istituzioni democratiche, ma a ben vedere la cattiva politica ha avuto anche questa volta le sue brave colpe, perché se l’attuale Amministrazione del Comune di Milano avesse fatto la propria parte affermando il massimo rispetto per il ruolo della Giustizia, ma rivendicando per sé il compito che la Costituzione assegna in Italia ai Comuni -stabilire dove e come si costruisce- lasciando poi alla Giustizia il suo ruolo costituzionale di controllo di legalità, questo pasticcio si sarebbe risolto nel rispetto di tutti e anche della legalità. Per questo si deve sperare, a mio avviso, in un cambio di Amministrazione senza il quale non si avrà a Milano né lavoro immobiliare privato né case per il ceto medio (ma probabilmente -visto come ragionano nell’attuale maggioranza comunale- nemmeno case popolari in numero sufficiente).
A parole tutti, anche la sinistra al potere, riconoscono che il deficit abitativo è insostenibile a Milano, ma in fondo pensano che le case che facciamo noi non siano quelle che servono. Noi invece -che sappiamo che la nostra produzione core non è di lusso- siamo ben convinti che la nostra produzione dovrebbe essere notevolmente incrementata, anche perché questo deficit del 256% certificato dal Prof. Cottarelli nella sua ricerca del 2024 va ad impattare drammaticamente su prezzi e canoni dei soli alloggi esistenti, quelli usati, determinando una città sempre meno accessibile -anche al ceto medio e medio-alto- per il paradosso dell’attrattività (la città che più attrae e più respinge per l’esplosione di prezzi e canoni locativi degli alloggi). Lascia, quindi, francamente perplessi l’accusa che abbiamo sentito lanciare ieri che a Milano è in corso una “indiscriminata espansione edilizia”. In un territorio piccolo e tutto urbanizzato, in cui non si può (giustamente) consumare un solo metro di nuovo suolo, ma che in compenso vede oltre 200 aree ex-produttive abbandonate, veri “buchi neri” del tessuto urbano, non si comprende come si potrebbe dare una risposta al bisogno di nuove case senza consumare suolo se non recuperando questi buchi neri esistenti, trasformandoli da stabilimenti ex-produttivi a case di abitazione. E vorrei ricordare anche che per noi imprenditori immobiliari l’edilizia non è un fine, ma solo un mezzo sia pure indispensabile per il nostro fine unico (e core business) che è la valorizzazione immobiliare e, quindi, territoriale. Non avendo le imprese edilizie con i relativi dipendenti e costi fissi, le società immobiliari non vogliono costruire per costruire, ma al contrario valorizzare i propri immobili costruendo meglio (edifici sostenibili e performanti) e solo quello che serve.
In conclusione, fermo restando che sul medio termine si dovrà mettere mano al format istituzionale di Milano (facendo un solo vero comune dell’attuale città metropolitana), per città con l’emergenza abitativa come Milano e Roma bisogna intensificare le operazioni di rigenerazione urbana attraverso la demolizione e ricostruzione non il contrario, perché non esiste altro modo al mondo per creare case senza consumare suolo e recuperare aree degradate.
Ma per intensificare la produzione di nuovi alloggi residenziali privati (case, in poche parole) in vendita o in affitto (da recupero di aree dismesse e/o degradate per non consumare nuovo suolo) è necessaria un’assunzione di responsabilità politica, una decisionalità, da parte della Pubblica Amministrazione. Perché questo tipo di interventi -così belli e necessari- costano di più e ricavano di meno di quelli tradizionali: devono, infatti, affrontare extra-costi per demolizioni e bonifiche e sono quasi sempre ubicati in zone di minore pregio commerciale. Sono destinati, quindi, a rimanere abbandonati come sono attualmente se non sostenuti a livello adeguato dalla mano pubblica. Può non piacere, ma è così, è un fatto. Occorrono incentivi, ma quali? Io non credo negli interventi diretti, in denaro, da parte della P.A.: non credo vi siano i soldi per farli e anche se ci fossero non mi parrebbe il metodo giusto. Parliamo di operazioni immobiliari private e, quindi, vedo molto pericoloso –sia per rischi di distorsioni che addirittura di corruzione- che dei funzionari pubblici possano decidere quale intervento sovvenzionare e quale no. E a Milano e a Roma gli incentivi in denaro non sono nemmeno necessari, basterebbe accelerare gli iter autorizzativi (con tempi paragonabili a quelli dei principali paesi del mondo), semplificare le procedure e incentivare con riduzione degli oneri comunali gli interventi che realizzano finalità pubbliche di recupero territoriale, risanamento ecologico e, quindi, rigenerazione urbana.
Il Comune di Milano, invece, sull’onda del discutibile metodo del “non sono d’accordo ma mi adeguo” ha fatto il contrario: ha deciso di fare un passo indietro (invece dei due avanti che noi chiedevamo) eliminando -sull’onda dell’emotività dell’inchiesta in corso- quelle timide semplificazioni della demo-ricostruzione introdotte da ben quattro leggi nazionali a partire dal TU dell’edilizia del 2001 in poi (e in particolare dall’ultima, il DL n. 76 del 16/7/2020) e dalla legge urbanistica lombarda n.12 e sue successive modificazioni (in particolare la legge n.18/19 sulla R.U.). Le cosiddette “Linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistico-edilizia”, approvate con deliberazione G.C. n. 552/2025, e alle conseguenti disposizioni introdotte con la Determinazione dirigenziale n. 4192/2025 e la Disposizione di Servizio n. 2/2025 che hanno ufficializzato questo grave passo indietro presentano peraltro gravi profili di illegittimità che dovranno essere rilevate dalla giurisdizione amministrativa, costituzionalmente competente a valutare la legittimità degli atti amministrativi generali e particolari.
In conclusione, posso rassicurare i Soci ASPESI -milanesi e di tutta l’Italia che la loro Associazione non mancherà di proseguire -nonostante i tempi difficilissimi e l’impopolarità legata alla non conoscenza delle caratteristiche e valenze della promozione immobiliare, mestiere diverso da quello delle imprese di costruzione- la propria trentennale azione di promozione di una normativa fiscale e urbanistica di sviluppo e non depressiva. Lo faremo con la serena coscienza della indispensabilità e valenza socio-ambientale del mestiere di recupero e investimento immobiliare, residenziale e non. Perché tutte le principali fasi della nostra giornata si svolgono in contenitori immobiliari ed è bene, quindi, che questi siano belli, ecologici, energeticamente performanti e socialmente affrontabili. Non è un sogno: è quasi sempre stato così nel nostro bel Paese e così deve tornare ad essere”.
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