31 Luglio 2025
Il commento del Presidente Federico Filippo Oriana alle recenti pronunce dell’Autorità Giudiziaria in materia di urbanistica e, in particolare, di obbligatorietà del piano attuativo ai sensi dell’art. 41 quinquies della Legge n. 1150 del 1942
Il commento del Presidente Federico Filippo Oriana alle recenti pronunce dell’Autorità Giudiziaria in materia di urbanistica e, in particolare, di obbligatorietà del piano attuativo ai sensi dell’art. 41 quinquies della Legge n. 1150 del 1942
Pur essendo il diritto urbanistica materia particolarmente ostica perché le questioni giuridiche sono intrecciate a questioni tecnico-progettuali e ingegneristiche assai difficili, dopo 19 mesi di articoli di stampa e servizi televisivi sono ormai di nozione comune le problematiche della nota vicenda giudiziario-urbanistica che sta paralizzando Milano e gettando nello sconforto migliaia di famiglie e decine di società e imprese coinvolte a vario titolo e in vario modo. Essenzialmente: 1) cosa sia per legge nuova costruzione e cosa sia invece ristrutturazione, sia pure edilizia, 2) se e quando occorra il piano attuativo (o piano dei servizi) per gli interventi di sostituzione di un edificio con un altro.
Sulla seconda questione si sono registrate nella stessa settimana due pronunce di segno opposto: quella della Cassazione penale con ordinanza cautelare e quella del Tar Lombardia. In buona sostanza con la prima la Cassazione -dichiarando inammissibile il ricorso di una importante società associata ASPESI contro il sequestro del cantiere con il quale stava realizzando edifici residenziali in regime di sostituzione edilizia- ha affermato che il piano attuativo (o piano dei servizi, o piano di zona) occorre sempre allorquando ricorrano i requisiti di cui all’articolo 41 quinquies della legge urbanistica nazionale del 1942 -superamento dei 25 metri di altezza e realizzazione di più di 3 metri cubi per metro quadrato di superficie del sito-. Il Tar Lombardia, invece, con sentenza (quindi provvedimento definitivo, non ordinanza cautelare provvisoria) rigettando il ricorso di un proprietario contro una realizzazione immobiliare ha affermato, in sintesi, che il piano attuativo non occorre allorquando la zona dove la nuova realizzazione va a sorgere sia già completamente urbanizzata e adeguatamente dotata dei servizi necessari.
Sempre detta sentenza del Tar Lombardia afferma testualmente: “Il consolidato indirizzo giurisprudenziale esclude la necessità della pianificazione attuativa (Cons. di Stato n. 8325/2023, n. 2839/2023, n. 2777/2021, n. 1434/2016, n.4200/2013) in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo (Cons. di Stato, Sez. IV, n.3809/2025; Cons. di Stato, sez. IV, n. 7620/2021)”. E trattandosi nel caso di specie di un’area posta tra Piazza della Repubblica e Via Vittor Pisani di Milano (zona Stazione Centrale), quindi ovviamente super-urbanizzata e servita, il Tribunale respinge il ricorso su questo motivo (mancanza del piano attuativo o di zona).
In sintesi, quindi, la Cassazione Penale ritenendo non abrogato il predetto articolo 41 quinquies della legge del 1942, nel caso di superamento dei limiti sopra indicati considera sempre necessario il piano particolareggiato, mentre il TAR Lombardia -pur ritenendo anch’esso non implicitamente abrogato lo stesso articolo 41 quinquies- giunge alla conclusione opposta che la necessità di un piano dei servizi debba essere valutata caso per caso dal Comune nell’esame della domanda di PDC o di SCIA sostitutiva del PDC.
Il mio modesto parere personale è, invece, che l’articolo 41 quinquies sia stato implicitamente abrogato dal varo del nuovo titolo V della Costituzione del 2001, così come attuato dal TU dell’Edilizia n. 380 del 2001 e dalle tre leggi successive in materia: Decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, “Decreto del Fare” n. 98/2013 e DL Conte n.76 del luglio 2020, ma riconosco che il TAR Lombardia -pur esprimendo su questo aspetto dirimente un’autorevole opinione diversa dalla mia- ha offerto una soluzione di buon senso per i casi -normali nell’ambito delle maggiori metropoli italiane- di zone perfettamente urbanizzate e servite.
Federico Filippo Oriana
Sulla seconda questione si sono registrate nella stessa settimana due pronunce di segno opposto: quella della Cassazione penale con ordinanza cautelare e quella del Tar Lombardia. In buona sostanza con la prima la Cassazione -dichiarando inammissibile il ricorso di una importante società associata ASPESI contro il sequestro del cantiere con il quale stava realizzando edifici residenziali in regime di sostituzione edilizia- ha affermato che il piano attuativo (o piano dei servizi, o piano di zona) occorre sempre allorquando ricorrano i requisiti di cui all’articolo 41 quinquies della legge urbanistica nazionale del 1942 -superamento dei 25 metri di altezza e realizzazione di più di 3 metri cubi per metro quadrato di superficie del sito-. Il Tar Lombardia, invece, con sentenza (quindi provvedimento definitivo, non ordinanza cautelare provvisoria) rigettando il ricorso di un proprietario contro una realizzazione immobiliare ha affermato, in sintesi, che il piano attuativo non occorre allorquando la zona dove la nuova realizzazione va a sorgere sia già completamente urbanizzata e adeguatamente dotata dei servizi necessari.
Sempre detta sentenza del Tar Lombardia afferma testualmente: “Il consolidato indirizzo giurisprudenziale esclude la necessità della pianificazione attuativa (Cons. di Stato n. 8325/2023, n. 2839/2023, n. 2777/2021, n. 1434/2016, n.4200/2013) in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo (Cons. di Stato, Sez. IV, n.3809/2025; Cons. di Stato, sez. IV, n. 7620/2021)”. E trattandosi nel caso di specie di un’area posta tra Piazza della Repubblica e Via Vittor Pisani di Milano (zona Stazione Centrale), quindi ovviamente super-urbanizzata e servita, il Tribunale respinge il ricorso su questo motivo (mancanza del piano attuativo o di zona).
In sintesi, quindi, la Cassazione Penale ritenendo non abrogato il predetto articolo 41 quinquies della legge del 1942, nel caso di superamento dei limiti sopra indicati considera sempre necessario il piano particolareggiato, mentre il TAR Lombardia -pur ritenendo anch’esso non implicitamente abrogato lo stesso articolo 41 quinquies- giunge alla conclusione opposta che la necessità di un piano dei servizi debba essere valutata caso per caso dal Comune nell’esame della domanda di PDC o di SCIA sostitutiva del PDC.
Il mio modesto parere personale è, invece, che l’articolo 41 quinquies sia stato implicitamente abrogato dal varo del nuovo titolo V della Costituzione del 2001, così come attuato dal TU dell’Edilizia n. 380 del 2001 e dalle tre leggi successive in materia: Decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, “Decreto del Fare” n. 98/2013 e DL Conte n.76 del luglio 2020, ma riconosco che il TAR Lombardia -pur esprimendo su questo aspetto dirimente un’autorevole opinione diversa dalla mia- ha offerto una soluzione di buon senso per i casi -normali nell’ambito delle maggiori metropoli italiane- di zone perfettamente urbanizzate e servite.
Federico Filippo Oriana

