10 Gennaio 2024
La revisione del Piano di Governo del Territorio di Milano
La revisione del Piano di Governo del Territorio di Milano
di Gerardo Ghioni
Gli addetti ai lavori sanno bene che nei primi mesi del prossimo anno l’amministrazione milanese porterà in adozione la variante generale del PGT.
Quale premessa e strumento di condivisione e consenso di tutti i cittadini, l’amministrazione ha voluto dimostrare la volontà di costruire un percorso, rappresentato da dibattiti, tavoli di lavoro e proposte, frutto di una laboriosa ricerca di partecipazione rivolta a operatori, associazioni e cittadini.
In realtà, come spesso succede, tra i pochi a partecipare a questi incontri ci sono stati le associazioni di categoria, gli addetti al settore, i sindacati, che potevano permettersi di perdere intere giornate sul tema.
Devo ammettere che i tavoli di confronto erano ben organizzati, anche se solo alcuni concetti venivano selezionati ed utilizzati quali proposte.
In sostanza questo ciclopico lavoro, che forse qualunque amministrazione avrebbe dovuto fare, era giustificato dalla necessità di dimostrare la partecipazione dei cittadini.
Fatto questo, i limiti rimangono quelli di sempre: risolvere dei problemi enormi con poche risorse e con dei principi ideali contraddittori. E stiamo parlando della città con il più alto tasso di sviluppo edilizio d’Italia. Figuriamoci se dovessimo risolvere i problemi urbanistici in una città del sud.
Passiamo all’analisi dei 10 principi delineati nel Forum della rigenerazione urbana.
Quale premessa e strumento di condivisione e consenso di tutti i cittadini, l’amministrazione ha voluto dimostrare la volontà di costruire un percorso, rappresentato da dibattiti, tavoli di lavoro e proposte, frutto di una laboriosa ricerca di partecipazione rivolta a operatori, associazioni e cittadini.
In realtà, come spesso succede, tra i pochi a partecipare a questi incontri ci sono stati le associazioni di categoria, gli addetti al settore, i sindacati, che potevano permettersi di perdere intere giornate sul tema.
Devo ammettere che i tavoli di confronto erano ben organizzati, anche se solo alcuni concetti venivano selezionati ed utilizzati quali proposte.
In sostanza questo ciclopico lavoro, che forse qualunque amministrazione avrebbe dovuto fare, era giustificato dalla necessità di dimostrare la partecipazione dei cittadini.
Fatto questo, i limiti rimangono quelli di sempre: risolvere dei problemi enormi con poche risorse e con dei principi ideali contraddittori. E stiamo parlando della città con il più alto tasso di sviluppo edilizio d’Italia. Figuriamoci se dovessimo risolvere i problemi urbanistici in una città del sud.
Passiamo all’analisi dei 10 principi delineati nel Forum della rigenerazione urbana.
- 4 CITTA’ Ogni nuovo progetto di rigenerazione deve contribuire alla Milano prossima, equa, bella e sostenibile e l’indice di edificabilità base di 0,35 mq./mq è incrementabile solo se contribuisce a questi principi. Principio corretto, ma come al solito è l’applicazione e la visione d’insieme che creano criticità. La città di Milano è piccola come superficie e fino a quando non ingloberà la città metropolitana soffrirà di limitazioni di spazio fisico. Città come Parigi e Londra che sono considerate efficienti per rapporto tra servizi e costi, hanno un indice di edificabilità superiore a 1,5 mq./mq., a prescindere da qualsiasi principio. Pertanto, se si vogliono spazi verdi, servizi a costo contenuto, attirare nuovi residenti, (ricordo che siamo a 1.450.000 abitanti con 120.000 domiciliati e 80.000 studenti fuori sede), la città non può che crescere in altezza a prescindere da tutto.
- CASA ACCESSIBILE. 20.000 nuovi alloggi entro il 2035, abbassare la soglia di intervento sotto i 10.000 mq. ed estendere l’housing sociale a tutta la città, ulteriore impulso ad alloggi per studenti, nuove soluzioni per l’abitare.Anche questi bellissimi presupposti si macchiano di idealizzazioni poco realistiche. Se da quando è entrato in vigore il PGT con l’obbligo di intervenire con l’ERS per soglie superiori a 10.000 mq. la situazione non è migliorata, forse ci sono dei motivi strutturali per i quali non è l’imposizione degli obblighi che risolverà il problema. Ricordo che il Comune gestisce un patrimonio di ERS sfitto e inutilizzato di 5580 alloggi gestito da MM (oltre a 8890 di ALER), che devono essere ristrutturati, ma mancano i soldi per farlo. Nel frattempo, i costi di intervento sono aumentati fino a far risultare gli interventi non convenienti da realizzare, per la modalità a prezzo convenzionato. Le cooperative, di conseguenza, vendono progetti già sviluppati prima dell’aumento dei costi o recenti in edilizia libera, rinunciando al loro ruolo sociale per necessità. Sono rimasti pochissimi gli operatori che si occupano di ERS, per il semplice motivo che non conviene. Il Comune con la recente delibera di aumento degli oneri (per certi versi pienamente giustificata) e di alienazione dei diritti edificatori (con prezzi quasi di mercato), ha di fatto favorito l’aumento dei costi dei nuovi interventi, con la conseguenza di aumentare i prezzi medi di vendita. Nel frattempo, questi ultimi sono diventati inaccessibili per i lavoratori medi e per gli studenti. Tutto questo disincentiva gli operatori e di fatto la produzione di alloggi ERS. La soluzione del problema è effettivamente complessa, ma già sarebbe un primo passo lasciare il mercato dell’ERS ai soli operatori che lo vogliono fare o a MM sul piano pubblico. Obbligare gli operatori ad occuparsi di ERS in modo non volontario non favorisce di certo la soluzione del problema. Pertanto, la soluzione sarebbe di monetizzare sempre le quote di ERS che gli operatori non vogliono realizzare, con il possibile rischio di un aumento conseguente dei prezzi.
- NUOVE PORTE DELLA CITTA’. Rigenerare i nodi di interscambio per instaurare nuove relazioni con la città metropolitana e incrementare l’housing sociale.Tema intelligente e condivisibile, però dobbiamo smettere di parlare di città metropolitana senza attuarla. I PGT di tutti i comuni dovrebbero essere attuati in modo sinergico tra tutti i Comuni. La città metropolitana deve diventare una realtà geografica, politica, economica, sociale. Credo sia l’obiettivo più importante, senza la soluzione di questo, nessuna criticità è risolvibile.
- SUPERATLAS DEI QUARTIERI. Un atlante per ridisegnare lo spazio pubblico dei quartieri sulla base dell’esperienza degli studi d’area mosaico di San siro e sistema nord est.Obiettivo pregevole ma mi ricorda tanto le famose zone B2, progetti urbanistici definiti nei particolari dal Comune, che ci hanno messo (quando è avvenuto) 40 anni per essere attuate e non sempre con risultati positivi. In urbanistica è necessaria velocità, flessibilità, adeguamento al mercato e chiarezza. Se questo obiettivo a priori non può rispettare (come credo) questi principi è inutile. Infine questi piani d’area e la recente determina sugli atti unilaterali, per la cessione di aree a standard decisa dall’amministrazione, mi sembrano solo dei metodi per arrogarsi il diritto di decidere quale intervento vada favorito o sfavorito. E questo contrasta con il principio di libero mercato. Come al solito tutto dipende dalle modalità.
- MAGGIOR TUTELA DEI SUOLI NATURALI. 1,5 ML di mq. di aree oggi edificabili rimarranno verdi. Nuove regole per assicurare l’incremento di aree verdi in ambiti edificabili. Anche questo obiettivo come detto al primo punto si macchia di populismo. Avere più aree verdi o più parchi fa solo felici gli abitanti di Milano e nessuno può mettere in dubbio un obiettivo simile. Il problema è che se vogliamo avere una città con più abitanti e con più servizi a costi limitati, inevitabilmente la città deve crescere. Questo può avvenire in tre modi: inglobare la città metropolitana (vedi quanto detto sopra), rigenerare le aree dismesse (ma non basta), costruire nuovi edifici e nuovi quartieri. Pertanto giusto dire che vanno incrementate le aree verdi, ma l’obiettivo nasconde il problema dell’edificio a torre. Per risparmiare suolo è necessario costruire in altezza e nonostante i tanti progetti in corso in tal senso, c’è ancora da una parte della comunità milanese una forte avversione. Nonostante i molti progetti (Porta Nuova, Regione, City life ) che hanno sfatato questi tabù. E’ necessario in questo senso essere coerenti e smettere di tergiversare sull’argomento. Le torri devono inevitabilmente fare parte del panorama milanese.
- CITTA’ PIU’ SANA. Rafforzare le politiche per le emissioni zero. Incentivare il recupero dell’esistente. Pianificare una mobilità più sostenibile. Principi assolutamente condivisibili da tutti. Come potrebbe essere il contrario? In tema di emissioni chiedo solo che le continue modifiche regolamentari atte ad alzare l’asticella dell’efficienza energetica siano definite con precisione dal Comune e successivamente condivise dagli operatori del settore. Questo per evitare, come nel caso dell’art. 10 sulla sostenibilità ambientale, modalità di calcolo non sperimentate e poco chiare, basate più su ipotesi di studio, che su modelli sperimentati. Sul recupero dell’esistente, mi viene da sorridere. La precedente amministrazione, parente di questa, ha fatto con una guerra ideologica contro la legge sul recupero degli immobili dimessi e degradati, uno degli obiettivi ideali della propria amministrazione. Provocando uno scontro istituzionale con la Regione e annullando o limitando qualsiasi beneficio per i proprietari degli immobili dismessi. Che sia cambiata questa narrativa? Non mi sembra, infatti la recente delibera sugli oneri di urbanizzazione continua a sfavorire il recupero dell’esistente frutto dei bonus volumetrici. Ma senza facilitazioni (bonus e sconti fiscali) non si favoriscono interventi poco convenienti.
- PIU SPAZIO PUBBLICO. Incrementare le aree pubbliche e le connessioni. Cessioni e asservimenti nei permessi di costruire convenzionati.Vale quanto detto al punto 5, evito di ripetermi.
- QUALITA URBANA E REGOLE TRASPARENTI. Regole morfologiche più chiare e meno discrezionali. Progettare una città di qualità. Attenzione a identità urbane, preesistenze, contesti locali.Questi sono tutti obiettivi che le nostre associazioni (Aspesi, Metropolis e Urban Curator) perseguono da anni. Addirittura abbiamo promosso un convegno sul tema (NDR del 25-11-2021), dimostrando l’incoerenza, l’inutilità e la difficoltà di applicazione delle norme morfologiche. Sono felice che questa amministrazione terrà finalmente conto del parere degli operatori. Spero solo che il risultato finale sia realmente efficace.
- RIEQUILIBRARE LO SVILUPPO. Milano globale e metropoli di quartieri. Governare e indirizzare la densificazione. Obiettivi condivisibili nel quadro di quanto finora esplicitato.
- RIGENERARE LE INFRASTRUTTURE. Ridurre e depavimentare le superfici stradali. Riconvertire viadotti e infrastrutture, eliminare la previsione di nuova viabilità di ingresso in città. Riqualificare depositi e impianti.Questo è un tema delicato e strategico per il futuro. Mi riferisco ala politica di riduzione della circolazione veicolare. Milano è cresciuta e cresce, anche perché attira dalla provincia lavoro, investimenti e utenti dei propri servizi. Tutte le città che sono riuscite e limitare la mobilità veicolare e ridurre l’inquinamento, l’hanno fatto con una strategia a lungo termine, basata sul forte potenziamento dei trasporti pubblici e su una politica complementare dei parcheggi. Milano non ha compiutamente operato nessuna delle due politiche e non lo sta facendo. Non è solo colpa della città, ma di un sistema di trasporto poco coordinato e troppo frammentato, dove ogni realtà (società di trasporto e amministrazione pubblica) pensa solo a se stessa senza programmare ed indirizzare il quadro generale, che necessariamente deve essere caratterizzato da una strategia generale. E qui torniamo alla città Metropolitana. Senza questa, nessuna strategia di mobilità è possibile. Perché le politiche di mobilità confliggono inevitabilmente tra i vari soggetti, che peraltro fanno a gara per ottenere finanziamenti, senza un progetto comune e condiviso.