29 Ottobre 2025
Lettera di ASPESI Roma all’Assessore Maurizio Veloccia: valutazioni, considerazioni, proposte e critiche emerse nella tavola rotonda sulla rigenerazione urbana della Capitale
In occasione della presentazione del Focus Roma 2025 del 16 ottobre i Soci esperti di urbanistica di ASPESI Roma, Valter Macchi, Giuseppe Ciaglia, Maurizio Nuccetelli e Alessandro Pallottino, hanno dato vita a un'interessante tavola rotonda sul tema della rigenerazione urbana nella Capitale, dalla quale sono emerse valutazioni, considerazioni, proposte e critiche. Nella lettera che riportiamo qui di seguito integralmente il Presidente Angelo Marinelli ha ritenuto opportuno sintetizzarne i contenuti per trasmetterli all’Assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia
“Illustre e caro Assessore,
l’ASPESI Unione Immobiliare -e la sua sezione capitolina in particolare- desidera in primo luogo ringraziarLa sinceramente per la disponibilità formale e sostanziale che ha sempre mostrato nei confronti della nostra Associazione e per l’apertura che Lei ha manifestato in diverse occasioni al confronto e al dialogo sulle nostre tesi e proposte.
Questo nostro convinto apprezzamento per la Sua azione politico-amministrativa non è stato minimamente scalfito dal fatto che impegni istituzionali, che abbiamo ben compreso, non Le abbiano permesso di partecipare alla nostra ultima iniziativa del 16 ottobre u.s., il Focus Roma 2025, la cui settima edizione - sviluppata insieme a Intesa Sanpaolo e Immobiliare.it presso la sede nazionale di Confedilizia - è stata dedicata al tema della rigenerazione urbana a Roma.
Non essendo stato possibile questa volta il confronto diretto tra gli operatori rappresentati da ASPESI Roma e l’Amministrazione capitolina, abbiamo quindi ritenuto utile -vista la importante partecipazione di imprese e investitori immobiliari, urbanisti, giuristi e progettisti al confronto del 16.10 u.s.- riportare sinteticamente in questa lettera le valutazioni, considerazioni, proposte e critiche, sempre costruttive, che sono emerse nel ridetto dibattito.
Il fabbisogno abitativo che connota Roma, il cui territorio costituisce una risorsa limitata, non può trovare risposta in un’espansione infinita del tessuto urbano costruito, ma può e deve, invece, essere affrontato e risolto attraverso il consapevole e razionale ricorso al riuso, alla sostituzione edilizia e alla rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e delle aree dismesse e/o degradate.
Da uno studio commissionato dal Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale al Cresme è emerso come la domanda pregressa di abitazioni a Roma ammonti a 35.370 unità abitative, con un incremento per il prossimo decennio sino a 71.290 nuovi alloggi necessari. La possibilità di sopperire realmente a questo enorme fabbisogno passa attraverso due sole strade: quella classica dell’ulteriore espansione dimensionale della città (cioè del tessuto urbano consolidato), quella moderna (anche nelle best practices internazionali) del ricorso consistente al riuso e al recupero del patrimonio edilizio esistente, ossia con interventi di demo-ricostruzione per la rigenerazione urbana.
Atteso che nessuno oggi immagina -per le motivazioni note a tutti e sulle quali, quindi, non è nemmeno il caso di soffermarsi- di poter cavalcare un ulteriore consumo di suolo, non vi è quindi altra possibilità di crescita socio-civile efficiente, moderna ed ecologica della Capitale se non promuovere, sostenere ed incentivare a) rigenerazione urbana mediante demo-riscostruzione e b) riuso attraverso sostituzione edilizia e recupero di edifici, con un mix funzionale tra questi due tipi di intervento.
Le nuove forme di organizzazione del lavoro e la diversa caratterizzazione che hanno assunto gli ambienti di lavoro (spazi di co-working con postazioni flessibili) hanno liberato una significativa quantità di spazi edificati destinati ad attività direzionali che possono essere riconvertiti in residenziale senza per questo gridare allo scandalo solo perché l’edificio che si intende riutilizzare non è degradato.
Queste considerazioni di ordine generale vanno rapportate all’attuale situazione che stiamo attraversando a Roma e al quadro legislativo al quale si deve fare riferimento. Già a partire dal 2011 con l’art. 5, comma 9, del Decreto Legge n. 70 si erano definite le disposizioni tese ad incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, nonché a promuovere e agevolare la riqualificazione urbana di aree degradate di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, il tutto anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione, con il riconoscimento di volumetrie aggiuntive, cambi di destinazioni d’uso, modifiche delle sagome.
Questa ed altre successive disposizioni statali (v. ad es. l’art.10 del DL 76/2020) enunciano i principi della rigenerazione urbana come principi sistemici della nuova azione politica di governo del territorio affermando una visione programmatica moderna, stabile e progressiva e per ciò stesso non derogatoria. Tra l’altro l’Amministrazione Capitolina sta lavorando con la variante alle NTA su misure incentivanti analoghe a quelle previste dalle norme statali, in realtà già presenti nelle norme tecniche del piano regolatore esistente. Riteniamo quindi contrarie alla ratio legis tutte le interpretazioni che considerano le norme sulla rigenerazione urbana e sul recupero del patrimonio esistente come norme eccezionali e derogatorie.
Negli ultimi mesi, però, abbiamo dovuto registrare come mondo immobiliare-costruzioni una situazione di stasi ed indeterminatezza dell’attività del Dipartimento attuazione urbanistica. Questa situazione, aldilà delle valutazioni specifiche, sta creando incertezza e sconcerto tra gli addetti del settore. Recenti determinazioni del Direttore del Dipartimento volte alla fissazione di limiti alla rigenerazione urbana con l’introduzione di elementi di discrezionalità, si pongono in puntuale contrasto con l’incontrovertibile indirizzo legislativo.
La Legge Regionale n.7 del 2017: “Rigenerazione urbana e recupero edilizio” già nel titolo specifica che la legge non si limita alla sola rigenerazione urbana ma ha anche come oggetto il recupero edilizio, ossia il recupero di edifici esistenti. Il legislatore regionale ha inteso disciplinare con quel provvedimento due ambiti distinti ma complementari, il secondo dei quali non necessariamente riferito ad aree degradate ma esteso al più ampio concetto di riuso e riqualificazione del patrimonio edilizio.
Quanto alle finalità di fondo declinate dall’art. 1 della Legge 7/2017, non vi è dubbio che la più rilevante è quella relativa al contrasto alla diminuzione del consumo di suolo inedificato, obiettivo che può essere conseguito solo attraverso il riuso e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, indipendentemente dal fatto che l’area sulla quale tale patrimonio esiste sia o meno degradata.
Il legislatore al fine di escludere possibili incertezze interpretative della norma ha poi voluto chiarire che tra le finalità declinate all’art. 1 era sufficiente ne ricorresse una o più tra quelle indicate per giustificare e rendere ammissibile l’intervento di rigenerazione urbana e di recupero edilizio. Ancora più chiaramente, l’art. 6 della legge prevede che: “Per il perseguimento di almeno una della finalità previste dall’Art. 1 […] sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia dei singoli edifici per i quali è consentito un incremento fino al 20% della volumetria o della superficie lorda esistente”.
Anche la giurisprudenza amministrativa pronunciatasi sul punto (vedasi sentenze Consiglio di Stato dell’anno 2022) conferma che la rigenerazione urbana non presuppone necessariamente degrado, ma favorisce invece comunque il contenimento del consumo di suolo inedificato per i molteplici fini ambientali che si perseguono.
Limitazione del consumo di suolo inedificato, da una parte, recupero e riqualificazione del patrimonio esistente, dall’altra, debbono, dunque, essere considerati come fini "autosufficienti" a rendere possibile qualunque intervento di recupero e riuso del patrimonio edilizio esistente senza che vi sia alcuna necessità di aggiungerne altri più vaghi ed evanescenti che -introducendo nuove discrezionalità- rischiano di creare macroscopiche disparità di trattamento.
Qualunque contraria interpretazione, anche se fondata su episodiche pronunce giurisdizionali -che trovano, peraltro, altrettante pronunce di segno contrario-, rappresenta una scelta sbagliata e non condivisibile per l’incertezza che determina in una materia ed in un settore che invece, come ben sappiamo, ha bisogno come pochi altri di certezze, il criterio più essenziale e dirimente per decidere di investire, in un’attività come la nostra che -a differenza degli comparti industriali- costringe ad effettuare gran parte dell’investimento (l’acquisto dell’area o dell’edificio da recuperare) prima di avere il permesso necessario per creare il prodotto e che quindi postula necessariamente la preventiva certezza di poterlo poi effettivamente realizzare.
Ci voglia quindi, illustre Assessore, consentire di formulare un auspicio: un’inversione di tendenza delle politiche reali n materia dell’Amministrazione capitolina, con ripresa della piena operatività della rigenerazione urbana, non solo per gli interventi pubblici o di rilievo sociale, ma anche per quelli diretti e di solo interesse privato perché - non incompatibili tra loro - mirano ambedue al medesimo risultato (DL 70 del 2011 “ … nonché ….”) e perché sono proprio questi secondi interventi che possono assicurare (in particolare per il contributo straordinario) le risorse finanziarie per l’attuazione dei primi.
In conclusione, fidando che le considerazioni espresse nella presente possano essere considerate e apprezzate da parte di codesta On. Amministrazione comunale da Lei rappresentata, ci dichiariamo a disposizione, gentile Assessore, ad un confronto tecnico e “politico” con Lei e con i Suoi collaboratori, al fine di poter pervenire -mediante un percorso partecipato come quello previsto e richiesto dalla cultura urbanistica ed amministrativistica moderna, nonchè dalla normativa in essere sugli iter di produzione normativa ed amministrativa- a soluzioni efficienti ed efficaci. E tutto questo nel superiore interesse della popolazione romana e dello sviluppo qualitativo della Capitale d’Italia che non può prescindere dall’investimento immobiliare privato, come ripetutamente espresso e sottolineato dal Sindaco Gualtieri e dai Sindaci di tutte le maggiori città italiane.
Restando in attesa, illustre Assessore, di una Sua chiamata con la cortese urgenza resa necessaria dalla situazione di indeterminatezza in atto che può condurre al blocco degli investimenti in rigenerazione urbana, cogliamo l’occasione per inviarLe i nostri più deferenti e cordiali saluti
Il Presidente di ASPESI Roma e Vicepresidente nazionale di ASPESI Unione Immobiliare
(Ing. Angelo Marinelli)
l’ASPESI Unione Immobiliare -e la sua sezione capitolina in particolare- desidera in primo luogo ringraziarLa sinceramente per la disponibilità formale e sostanziale che ha sempre mostrato nei confronti della nostra Associazione e per l’apertura che Lei ha manifestato in diverse occasioni al confronto e al dialogo sulle nostre tesi e proposte.
Questo nostro convinto apprezzamento per la Sua azione politico-amministrativa non è stato minimamente scalfito dal fatto che impegni istituzionali, che abbiamo ben compreso, non Le abbiano permesso di partecipare alla nostra ultima iniziativa del 16 ottobre u.s., il Focus Roma 2025, la cui settima edizione - sviluppata insieme a Intesa Sanpaolo e Immobiliare.it presso la sede nazionale di Confedilizia - è stata dedicata al tema della rigenerazione urbana a Roma.
Non essendo stato possibile questa volta il confronto diretto tra gli operatori rappresentati da ASPESI Roma e l’Amministrazione capitolina, abbiamo quindi ritenuto utile -vista la importante partecipazione di imprese e investitori immobiliari, urbanisti, giuristi e progettisti al confronto del 16.10 u.s.- riportare sinteticamente in questa lettera le valutazioni, considerazioni, proposte e critiche, sempre costruttive, che sono emerse nel ridetto dibattito.
Il fabbisogno abitativo che connota Roma, il cui territorio costituisce una risorsa limitata, non può trovare risposta in un’espansione infinita del tessuto urbano costruito, ma può e deve, invece, essere affrontato e risolto attraverso il consapevole e razionale ricorso al riuso, alla sostituzione edilizia e alla rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e delle aree dismesse e/o degradate.
Da uno studio commissionato dal Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale al Cresme è emerso come la domanda pregressa di abitazioni a Roma ammonti a 35.370 unità abitative, con un incremento per il prossimo decennio sino a 71.290 nuovi alloggi necessari. La possibilità di sopperire realmente a questo enorme fabbisogno passa attraverso due sole strade: quella classica dell’ulteriore espansione dimensionale della città (cioè del tessuto urbano consolidato), quella moderna (anche nelle best practices internazionali) del ricorso consistente al riuso e al recupero del patrimonio edilizio esistente, ossia con interventi di demo-ricostruzione per la rigenerazione urbana.
Atteso che nessuno oggi immagina -per le motivazioni note a tutti e sulle quali, quindi, non è nemmeno il caso di soffermarsi- di poter cavalcare un ulteriore consumo di suolo, non vi è quindi altra possibilità di crescita socio-civile efficiente, moderna ed ecologica della Capitale se non promuovere, sostenere ed incentivare a) rigenerazione urbana mediante demo-riscostruzione e b) riuso attraverso sostituzione edilizia e recupero di edifici, con un mix funzionale tra questi due tipi di intervento.
Le nuove forme di organizzazione del lavoro e la diversa caratterizzazione che hanno assunto gli ambienti di lavoro (spazi di co-working con postazioni flessibili) hanno liberato una significativa quantità di spazi edificati destinati ad attività direzionali che possono essere riconvertiti in residenziale senza per questo gridare allo scandalo solo perché l’edificio che si intende riutilizzare non è degradato.
Queste considerazioni di ordine generale vanno rapportate all’attuale situazione che stiamo attraversando a Roma e al quadro legislativo al quale si deve fare riferimento. Già a partire dal 2011 con l’art. 5, comma 9, del Decreto Legge n. 70 si erano definite le disposizioni tese ad incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, nonché a promuovere e agevolare la riqualificazione urbana di aree degradate di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, il tutto anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione, con il riconoscimento di volumetrie aggiuntive, cambi di destinazioni d’uso, modifiche delle sagome.
Questa ed altre successive disposizioni statali (v. ad es. l’art.10 del DL 76/2020) enunciano i principi della rigenerazione urbana come principi sistemici della nuova azione politica di governo del territorio affermando una visione programmatica moderna, stabile e progressiva e per ciò stesso non derogatoria. Tra l’altro l’Amministrazione Capitolina sta lavorando con la variante alle NTA su misure incentivanti analoghe a quelle previste dalle norme statali, in realtà già presenti nelle norme tecniche del piano regolatore esistente. Riteniamo quindi contrarie alla ratio legis tutte le interpretazioni che considerano le norme sulla rigenerazione urbana e sul recupero del patrimonio esistente come norme eccezionali e derogatorie.
Negli ultimi mesi, però, abbiamo dovuto registrare come mondo immobiliare-costruzioni una situazione di stasi ed indeterminatezza dell’attività del Dipartimento attuazione urbanistica. Questa situazione, aldilà delle valutazioni specifiche, sta creando incertezza e sconcerto tra gli addetti del settore. Recenti determinazioni del Direttore del Dipartimento volte alla fissazione di limiti alla rigenerazione urbana con l’introduzione di elementi di discrezionalità, si pongono in puntuale contrasto con l’incontrovertibile indirizzo legislativo.
La Legge Regionale n.7 del 2017: “Rigenerazione urbana e recupero edilizio” già nel titolo specifica che la legge non si limita alla sola rigenerazione urbana ma ha anche come oggetto il recupero edilizio, ossia il recupero di edifici esistenti. Il legislatore regionale ha inteso disciplinare con quel provvedimento due ambiti distinti ma complementari, il secondo dei quali non necessariamente riferito ad aree degradate ma esteso al più ampio concetto di riuso e riqualificazione del patrimonio edilizio.
Quanto alle finalità di fondo declinate dall’art. 1 della Legge 7/2017, non vi è dubbio che la più rilevante è quella relativa al contrasto alla diminuzione del consumo di suolo inedificato, obiettivo che può essere conseguito solo attraverso il riuso e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, indipendentemente dal fatto che l’area sulla quale tale patrimonio esiste sia o meno degradata.
Il legislatore al fine di escludere possibili incertezze interpretative della norma ha poi voluto chiarire che tra le finalità declinate all’art. 1 era sufficiente ne ricorresse una o più tra quelle indicate per giustificare e rendere ammissibile l’intervento di rigenerazione urbana e di recupero edilizio. Ancora più chiaramente, l’art. 6 della legge prevede che: “Per il perseguimento di almeno una della finalità previste dall’Art. 1 […] sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia dei singoli edifici per i quali è consentito un incremento fino al 20% della volumetria o della superficie lorda esistente”.
Anche la giurisprudenza amministrativa pronunciatasi sul punto (vedasi sentenze Consiglio di Stato dell’anno 2022) conferma che la rigenerazione urbana non presuppone necessariamente degrado, ma favorisce invece comunque il contenimento del consumo di suolo inedificato per i molteplici fini ambientali che si perseguono.
Limitazione del consumo di suolo inedificato, da una parte, recupero e riqualificazione del patrimonio esistente, dall’altra, debbono, dunque, essere considerati come fini "autosufficienti" a rendere possibile qualunque intervento di recupero e riuso del patrimonio edilizio esistente senza che vi sia alcuna necessità di aggiungerne altri più vaghi ed evanescenti che -introducendo nuove discrezionalità- rischiano di creare macroscopiche disparità di trattamento.
Qualunque contraria interpretazione, anche se fondata su episodiche pronunce giurisdizionali -che trovano, peraltro, altrettante pronunce di segno contrario-, rappresenta una scelta sbagliata e non condivisibile per l’incertezza che determina in una materia ed in un settore che invece, come ben sappiamo, ha bisogno come pochi altri di certezze, il criterio più essenziale e dirimente per decidere di investire, in un’attività come la nostra che -a differenza degli comparti industriali- costringe ad effettuare gran parte dell’investimento (l’acquisto dell’area o dell’edificio da recuperare) prima di avere il permesso necessario per creare il prodotto e che quindi postula necessariamente la preventiva certezza di poterlo poi effettivamente realizzare.
Ci voglia quindi, illustre Assessore, consentire di formulare un auspicio: un’inversione di tendenza delle politiche reali n materia dell’Amministrazione capitolina, con ripresa della piena operatività della rigenerazione urbana, non solo per gli interventi pubblici o di rilievo sociale, ma anche per quelli diretti e di solo interesse privato perché - non incompatibili tra loro - mirano ambedue al medesimo risultato (DL 70 del 2011 “ … nonché ….”) e perché sono proprio questi secondi interventi che possono assicurare (in particolare per il contributo straordinario) le risorse finanziarie per l’attuazione dei primi.
In conclusione, fidando che le considerazioni espresse nella presente possano essere considerate e apprezzate da parte di codesta On. Amministrazione comunale da Lei rappresentata, ci dichiariamo a disposizione, gentile Assessore, ad un confronto tecnico e “politico” con Lei e con i Suoi collaboratori, al fine di poter pervenire -mediante un percorso partecipato come quello previsto e richiesto dalla cultura urbanistica ed amministrativistica moderna, nonchè dalla normativa in essere sugli iter di produzione normativa ed amministrativa- a soluzioni efficienti ed efficaci. E tutto questo nel superiore interesse della popolazione romana e dello sviluppo qualitativo della Capitale d’Italia che non può prescindere dall’investimento immobiliare privato, come ripetutamente espresso e sottolineato dal Sindaco Gualtieri e dai Sindaci di tutte le maggiori città italiane.
Restando in attesa, illustre Assessore, di una Sua chiamata con la cortese urgenza resa necessaria dalla situazione di indeterminatezza in atto che può condurre al blocco degli investimenti in rigenerazione urbana, cogliamo l’occasione per inviarLe i nostri più deferenti e cordiali saluti
Il Presidente di ASPESI Roma e Vicepresidente nazionale di ASPESI Unione Immobiliare
(Ing. Angelo Marinelli)

