
12 Giugno 2024
A.C. 1896 – Respinta la questione pregiudiziale sul decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica
A.C. 1896 – Respinta la questione pregiudiziale sul decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica
A.C. 1896 – Respinta la questione pregiudiziale sul decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica
Nella seduta della Camera dell'11 giugno 2024 è stata discussa le questione pregiudiziale presentata dai Deputati Alfonso Colucci, Ilaria Fontana, Santillo, L'Abbate, Morfino. Di seguito il resoconto della seduta che, dopo l’illustrazione dell’On. Colucci e gli interventi del successivo dibattito, si è conclusa con la votazione di reiezione (98 favorevoli e 156 contrari) della questione pregiudiziale. In calce il video integrale.
??La Camera,
premesso che:
- il decreto-legge in esame, cosiddetto «Decreto Salva Casa» reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;
- come emerge dalla relazione illustrativa, «si tratta di disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo». L'urgenza viene altresì motivata in ragione dell'esigenza di «sbloccare la situazione di totale stallo in cui oggi versa il mercato immobiliare, fortemente penalizzato dalle incertezze del quadro normativo di settore, che difficilmente consente di dimostrare lo stato legittimo di un immobile, inibendo, conseguentemente, la valorizzazione economica del bene e anche la possibilità di interventi di ristrutturazione edilizia e incremento dell'efficienza energetica». Si aggiunge alle motivazioni esposte anche «l'aggravio amministrativo a carico degli uffici delle amministrazioni comunali competenti, che, a causa della frammentarietà della disciplina di settore, non riescono a fornire risposte in tempi certi alle richieste di accertamento dello stato legittimo»;
- il difetto dei presupposti costituzionali della necessità e urgenza e la palese contraddittorietà e incoerenza che caratterizza il complessivo impianto motivazionale su cui poggia il provvedimento in esame sono resi evidenti dal tenore delle disposizioni proposte che si limitano ad apportare modifiche normative in una materia organicamente disciplinata all'interno del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), mediante l'introduzione di misure «a regime», applicabili senza limitazioni temporali e dunque sprovviste del carattere di eccezionalità e straordinarietà che consentirebbe di giustificare un intervento normativo sorretto dai presupposti richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;
- ciò premesso, anche il dato fattuale e l'attuale congiuntura immobiliare non suggeriscono la necessità di imprimere con urgenza un nuovo orientamento alla disciplina degli abusi edilizi, secondo un indebito passaggio logico per cui, preso atto del progressivo affermarsi di comportamenti illeciti, l'ordinamento debba adeguare la propria normativa a condotte ritenute fino ad ora contra legem in quanto lesive di una corretta trasformazione del territorio e dei valori, costituzionalmente garantiti, ad esso connaturati;
- in luogo delle misure approvate con il provvedimento in esame, la grave condizione di deprivazione abitativa del nostro Paese richiederebbe semmai, prioritariamente, l'attuazione di una pianificazione strategica volta all'adeguamento dell'offerta di alloggi accessibili;
- peraltro, è noto che l'aggravio amministrativo a carico degli uffici comunali non sia riconducibile alla frammentarietà della disciplina di settore, che come rilevato è unificata e coordinata in un testo unico, quanto alla grave carenza di personale tecnico nei comuni e all'esigenza di far fronte alle cicliche sanatorie «straordinarie» che hanno congestionato, nel corso del tempo, le attività delle amministrazioni competenti;
- continua, pertanto, da parte del Governo un abnorme e inappropriato uso della decretazione d'urgenza, in carenza dei presupposti legittimanti richiamati dall'articolo 77 della Costituzione, attraverso il quale si assiste alla radicale e inaccettabile alterazione dello schema fisiologico del rapporto con il Parlamento che determina una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa, tanto più rilevante in un settore inerente l'assetto edilizio e urbanistico del territorio che presenta connessi profili primari di tutela dell'ambiente e della salute;
- come sottolineato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 245 del 2022) «L'esigenza di preservare l'ordinaria funzionalità del procedimento legislativo di cui all'articolo 72, primo comma, della Costituzione – che permette una partecipazione parlamentare ben più efficace di quella consentita dall'iter, peculiare e contratto, della legge di conversione – si pone, del resto, in tendenziale coerenza, ma per diversi profili, con la giurisprudenza di questa Corte sull'uso improprio e strumentale del decreto-legge, già indirizzata a evitare deviazioni dal sistema costituzionale delle fonti normative e in fondo dalla stessa centralità, in questo riconosciuta, alla legge ordinaria (ex plurimis, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 e n. 128 del 2008).»;
- posto tale irragionevole e pretestuoso esercizio della decretazione d'urgenza in materia edilizia e urbanistica, si ritiene pertinente porre in evidenza ulteriori profili di incostituzionalità del decreto-legge in esame;
- si rileva, in primis, che il provvedimento riproduce, sotto diversi profili, il meccanismo della sanatoria edilizia che contempla la possibilità, in presenza di determinati presupposti, di recuperare ex post alla legalità un intervento di edificazione intrapreso senza il preventivo vaglio degli enti competenti e non assentito dagli atti autorizzatori richiesti dalla legge; meccanismo che, al pari del condono edilizio, è principalmente ispirato dalla necessità di incrementare il gettito delle finanze dello Stato;
- ancora una volta si assiste pertanto allo scardinamento del sistema della legalità e al configurarsi di un vulnus rispetto all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della discriminazione nei confronti dei cittadini rispettosi delle leggi che non hanno realizzato opere in difformità dalla normativa urbanistico-edilizia;
- la nuova disciplina produce l'ulteriore effetto di precludere l'applicazione in futuro dei poteri inibitori e sanzionatori previsti dalla previgente legislazione, con conseguenti ricadute anche sotto il profilo della tutela del territorio, dell'ambiente e della salute e dunque del complessivo assetto dei valori costituzionalmente garantiti ai sensi degli articoli 9 e 32 della Costituzione;
- entrando nel merito del provvedimento in esame, la relazione illustrativa preannuncia «modifiche puntuali al TUE con la finalità, inter alia, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso ove possibile, stabilire previsioni in materia di tolleranze in relazione alle piccole incongruenze tra il titolo edilizio e lo stato di fatto relative ad interventi realizzati prima dell'entrata in vigore della disposizione e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità.»;
- si tratta di disposizioni che incidono sul governo del territorio, materia soggetta alla potestà legislativa concorrente ex articolo 117, comma 3, della Costituzione sulla quale allo Stato compete unicamente dettare i principi fondamentali. Di conseguenza, una disciplina statale dettagliata e direttamente operativa nei confronti dei privati interessati si risolve in un vincolo di conformazione delle funzioni amministrative di livello locale e nella riduzione dei margini di effettivo esercizio della potestà pubblica di governare il territorio, con conseguente violazione anche delle competenze amministrative, sia regionali che comunali, nella materia urbanistica e edilizia ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione;
- il tenore dettagliato ed auto-applicativo delle citate statuizioni, rispetto alle quali residuano solo disposizioni di completamento, è ravvisabile nella modifiche apportate all'articolo 34-bis del TUE in materia di tolleranze costruttive, incrementate in misura inversamente proporzionale alla superficie utile dell'unità immobiliare e senza l'obbligo di autorizzazione paesaggistica, così come nella nuova disciplina in materia di mutamento della destinazione d'uso degli immobili, rispetto alla quale lo spazio di intervento degli enti locali rimane racchiuso nella clausola «ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni». Il favor legis per il cambio di destinazione d'uso trova espressione anche nella previsione dell'esonero dalla necessità di reperire ulteriori aree per servizi di interesse generale e di garantire la dotazione minima obbligatoria di parcheggi, con ciò vincolando le scelte future delle amministrazioni comunali;
- a tale riguardo, ulteriori profili di illegittimità costituzionale sono rinvenibili anche con riferimento all'articolo 97 della Costituzione e ai connessi principi di ragionevolezza e buon andamento dell'amministrazione; è infatti noto che l'incidenza insediativa di un manufatto edilizio e l'impatto sotto il profilo urbanistico e paesistico sia diversa a seconda della sua destinazione d'uso e della sua localizzazione nel contesto territoriale, e richieda una complessiva attività di programmazione finalizzata all'adeguamento delle dotazioni e degli standard urbanistici al fine di una corretta e utile regolazione dell'uso del territorio;
- il decreto in esame apporta sostanziali modifiche anche alla disciplina di cui all'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 volte a semplificare il riconoscimento dello stato legittimo dell'immobile. In particolare, viene stabilito che lo stesso possa essere comprovato alternativamente in base al titolo originario che ha permesso l'edificazione ovvero a quello conseguito in seguito ad eventuali interventi costruttivi;
- tale modifica normativa si basa sulla presunzione che la mancata contestazione da parte dell'amministrazione di una difformità nel procedimento relativo al rilascio di uno dei titoli edilizi riferiti all'immobile integri una sorta di accettazione implicita e che dunque l'intervento in difformità sia da intendersi automaticamente sanato attraverso l'ultimo provvedimento favorevole all'istanza del privato, con effetto caducante rispetto a tutte le preesistenti irregolarità compiute. L'unica condizione integrativa della fattispecie richiesta dalla citata disposizione è che il provvedimento sia stato rilasciato all'esito di un procedimento che abbia verificato la mera «esistenza» del titolo abilitativo legittimante la costruzione, a prescindere dalla circostanza che sia stata o meno riscontrata la conformità dell'intervento;
- la citata disposizione prospetta incertezze interpretative che si sommano ai dubbi applicativi riferiti alla nuova disciplina dell'accertamento di conformità di cui al nuovo articolo 36-bis del testo unico. Con riferimento alle fattispecie abusive di minor gravità, viene introdotta una nuova sanatoria per le ipotesi di parziale difformità dal permesso di costruire e dalla segnalazione certificata di inizio attività che prevede il superamento del principio della cosiddetta doppia conformità urbanistico-edilizia, e l'introduzione del meccanismo del «silenzio assenso», anche per gli immobili soggetti a vincolo paesaggistico;
- a tale riguardo, il termine ristretto di formazione dell'assenso tacito da parte degli enti interessati appare del tutto irragionevole e tale da vanificare il corretto esercizio delle funzioni di regolazione dell'uso del territorio e, più in generale, di tutela dell'ambiente e del paesaggio, privando le amministrazioni competenti della effettiva possibilità di espletare le rispettive attribuzioni, costituzionalmente garantite;
- si osserva che la formulazione della norma presenta ampi margini di incertezza in ordine alla riconduzione della singola fattispecie nell'ambito della parziale difformità piuttosto che nell'ambito della variazione essenziale, con il rischio che si creino diverse e contrastanti prassi applicative e che la medesima fattispecie abusiva possa accedere alla sanatoria senza la «doppia conformità» in alcuni comuni ovvero essere ritenuta una variazione essenziale, e dunque soggetta alla «doppia conformità», in altri, con l'effetto di generare disparità di trattamento tra i cittadini e aggravare il contenzioso giudiziario;
- i profili distintivi dell'accertamento di conformità di cui al nuovo articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e il conseguente impatto che ne deriva rispetto all'equilibrio sino ad ora garantito dal principio della doppia conformità edilizia e urbanistica sono misurabili anche alla luce della cornice edittale prevista in relazione all'oblazione che risulta incrementata in modo significativo (di sei volte nel limite massimo) rispetto alla sanatoria di cui all'articolo 36 del medesimo testo unico;
- sotto il profilo paesaggistico si stigmatizza il complessivo indebolimento degli strumenti di tutela previsti dall'ordinamento. Tanto è ravvisabile con riferimento alla disciplina delle tolleranze costruttive, per le quali, come rilevato, si prevede l'esclusione dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica nonostante i relativi interventi, nei limiti percentuali sovradimensionati dal provvedimento, possano incidere su altezza, distacchi, cubatura, superfici ed ogni altro parametro delle singole unità immobiliare potenzialmente idoneo ad incidere negativamente sui valori del paesaggio. Alla medesima conclusione si perviene con riferimento alla previsione contenuta nella nuova sanatoria di cui all'articolo 36-bis del Testo unico che subordina gli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, al parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni decorso i quali il responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. Tale disciplina appare eludere lo stretto perimetro applicativo tracciato dall'articolo 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio con riferimento agli interventi ammessi all'accertamento di compatibilità paesaggistica;
- le richiamate disposizioni appaiono inconciliabili con il valore rafforzato attribuito alla tutela dell'ambiente e del paesaggio, principio fondamentale del nostro ordinamento a seguito della recente modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione apportata dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022;
- il provvedimento in esame si pone pertanto in contrasto con gli articoli 3, 9, 32, 41, 97, 117 e 118 della Costituzione e con i princìpi costituzionali di ragionevolezza e di proporzionalità;
per tutte le succitate ragioni,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1896.
Nella seduta della Camera dell'11 giugno 2024 è stata discussa le questione pregiudiziale presentata dai Deputati Alfonso Colucci, Ilaria Fontana, Santillo, L'Abbate, Morfino. Di seguito il resoconto della seduta che, dopo l’illustrazione dell’On. Colucci e gli interventi del successivo dibattito, si è conclusa con la votazione di reiezione (98 favorevoli e 156 contrari) della questione pregiudiziale. In calce il video integrale.
??La Camera,
premesso che:
- il decreto-legge in esame, cosiddetto «Decreto Salva Casa» reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica;
- come emerge dalla relazione illustrativa, «si tratta di disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo». L'urgenza viene altresì motivata in ragione dell'esigenza di «sbloccare la situazione di totale stallo in cui oggi versa il mercato immobiliare, fortemente penalizzato dalle incertezze del quadro normativo di settore, che difficilmente consente di dimostrare lo stato legittimo di un immobile, inibendo, conseguentemente, la valorizzazione economica del bene e anche la possibilità di interventi di ristrutturazione edilizia e incremento dell'efficienza energetica». Si aggiunge alle motivazioni esposte anche «l'aggravio amministrativo a carico degli uffici delle amministrazioni comunali competenti, che, a causa della frammentarietà della disciplina di settore, non riescono a fornire risposte in tempi certi alle richieste di accertamento dello stato legittimo»;
- il difetto dei presupposti costituzionali della necessità e urgenza e la palese contraddittorietà e incoerenza che caratterizza il complessivo impianto motivazionale su cui poggia il provvedimento in esame sono resi evidenti dal tenore delle disposizioni proposte che si limitano ad apportare modifiche normative in una materia organicamente disciplinata all'interno del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), mediante l'introduzione di misure «a regime», applicabili senza limitazioni temporali e dunque sprovviste del carattere di eccezionalità e straordinarietà che consentirebbe di giustificare un intervento normativo sorretto dai presupposti richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;
- ciò premesso, anche il dato fattuale e l'attuale congiuntura immobiliare non suggeriscono la necessità di imprimere con urgenza un nuovo orientamento alla disciplina degli abusi edilizi, secondo un indebito passaggio logico per cui, preso atto del progressivo affermarsi di comportamenti illeciti, l'ordinamento debba adeguare la propria normativa a condotte ritenute fino ad ora contra legem in quanto lesive di una corretta trasformazione del territorio e dei valori, costituzionalmente garantiti, ad esso connaturati;
- in luogo delle misure approvate con il provvedimento in esame, la grave condizione di deprivazione abitativa del nostro Paese richiederebbe semmai, prioritariamente, l'attuazione di una pianificazione strategica volta all'adeguamento dell'offerta di alloggi accessibili;
- peraltro, è noto che l'aggravio amministrativo a carico degli uffici comunali non sia riconducibile alla frammentarietà della disciplina di settore, che come rilevato è unificata e coordinata in un testo unico, quanto alla grave carenza di personale tecnico nei comuni e all'esigenza di far fronte alle cicliche sanatorie «straordinarie» che hanno congestionato, nel corso del tempo, le attività delle amministrazioni competenti;
- continua, pertanto, da parte del Governo un abnorme e inappropriato uso della decretazione d'urgenza, in carenza dei presupposti legittimanti richiamati dall'articolo 77 della Costituzione, attraverso il quale si assiste alla radicale e inaccettabile alterazione dello schema fisiologico del rapporto con il Parlamento che determina una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa, tanto più rilevante in un settore inerente l'assetto edilizio e urbanistico del territorio che presenta connessi profili primari di tutela dell'ambiente e della salute;
- come sottolineato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 245 del 2022) «L'esigenza di preservare l'ordinaria funzionalità del procedimento legislativo di cui all'articolo 72, primo comma, della Costituzione – che permette una partecipazione parlamentare ben più efficace di quella consentita dall'iter, peculiare e contratto, della legge di conversione – si pone, del resto, in tendenziale coerenza, ma per diversi profili, con la giurisprudenza di questa Corte sull'uso improprio e strumentale del decreto-legge, già indirizzata a evitare deviazioni dal sistema costituzionale delle fonti normative e in fondo dalla stessa centralità, in questo riconosciuta, alla legge ordinaria (ex plurimis, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 e n. 128 del 2008).»;
- posto tale irragionevole e pretestuoso esercizio della decretazione d'urgenza in materia edilizia e urbanistica, si ritiene pertinente porre in evidenza ulteriori profili di incostituzionalità del decreto-legge in esame;
- si rileva, in primis, che il provvedimento riproduce, sotto diversi profili, il meccanismo della sanatoria edilizia che contempla la possibilità, in presenza di determinati presupposti, di recuperare ex post alla legalità un intervento di edificazione intrapreso senza il preventivo vaglio degli enti competenti e non assentito dagli atti autorizzatori richiesti dalla legge; meccanismo che, al pari del condono edilizio, è principalmente ispirato dalla necessità di incrementare il gettito delle finanze dello Stato;
- ancora una volta si assiste pertanto allo scardinamento del sistema della legalità e al configurarsi di un vulnus rispetto all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della discriminazione nei confronti dei cittadini rispettosi delle leggi che non hanno realizzato opere in difformità dalla normativa urbanistico-edilizia;
- la nuova disciplina produce l'ulteriore effetto di precludere l'applicazione in futuro dei poteri inibitori e sanzionatori previsti dalla previgente legislazione, con conseguenti ricadute anche sotto il profilo della tutela del territorio, dell'ambiente e della salute e dunque del complessivo assetto dei valori costituzionalmente garantiti ai sensi degli articoli 9 e 32 della Costituzione;
- entrando nel merito del provvedimento in esame, la relazione illustrativa preannuncia «modifiche puntuali al TUE con la finalità, inter alia, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso ove possibile, stabilire previsioni in materia di tolleranze in relazione alle piccole incongruenze tra il titolo edilizio e lo stato di fatto relative ad interventi realizzati prima dell'entrata in vigore della disposizione e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità.»;
- si tratta di disposizioni che incidono sul governo del territorio, materia soggetta alla potestà legislativa concorrente ex articolo 117, comma 3, della Costituzione sulla quale allo Stato compete unicamente dettare i principi fondamentali. Di conseguenza, una disciplina statale dettagliata e direttamente operativa nei confronti dei privati interessati si risolve in un vincolo di conformazione delle funzioni amministrative di livello locale e nella riduzione dei margini di effettivo esercizio della potestà pubblica di governare il territorio, con conseguente violazione anche delle competenze amministrative, sia regionali che comunali, nella materia urbanistica e edilizia ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione;
- il tenore dettagliato ed auto-applicativo delle citate statuizioni, rispetto alle quali residuano solo disposizioni di completamento, è ravvisabile nella modifiche apportate all'articolo 34-bis del TUE in materia di tolleranze costruttive, incrementate in misura inversamente proporzionale alla superficie utile dell'unità immobiliare e senza l'obbligo di autorizzazione paesaggistica, così come nella nuova disciplina in materia di mutamento della destinazione d'uso degli immobili, rispetto alla quale lo spazio di intervento degli enti locali rimane racchiuso nella clausola «ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni». Il favor legis per il cambio di destinazione d'uso trova espressione anche nella previsione dell'esonero dalla necessità di reperire ulteriori aree per servizi di interesse generale e di garantire la dotazione minima obbligatoria di parcheggi, con ciò vincolando le scelte future delle amministrazioni comunali;
- a tale riguardo, ulteriori profili di illegittimità costituzionale sono rinvenibili anche con riferimento all'articolo 97 della Costituzione e ai connessi principi di ragionevolezza e buon andamento dell'amministrazione; è infatti noto che l'incidenza insediativa di un manufatto edilizio e l'impatto sotto il profilo urbanistico e paesistico sia diversa a seconda della sua destinazione d'uso e della sua localizzazione nel contesto territoriale, e richieda una complessiva attività di programmazione finalizzata all'adeguamento delle dotazioni e degli standard urbanistici al fine di una corretta e utile regolazione dell'uso del territorio;
- il decreto in esame apporta sostanziali modifiche anche alla disciplina di cui all'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 volte a semplificare il riconoscimento dello stato legittimo dell'immobile. In particolare, viene stabilito che lo stesso possa essere comprovato alternativamente in base al titolo originario che ha permesso l'edificazione ovvero a quello conseguito in seguito ad eventuali interventi costruttivi;
- tale modifica normativa si basa sulla presunzione che la mancata contestazione da parte dell'amministrazione di una difformità nel procedimento relativo al rilascio di uno dei titoli edilizi riferiti all'immobile integri una sorta di accettazione implicita e che dunque l'intervento in difformità sia da intendersi automaticamente sanato attraverso l'ultimo provvedimento favorevole all'istanza del privato, con effetto caducante rispetto a tutte le preesistenti irregolarità compiute. L'unica condizione integrativa della fattispecie richiesta dalla citata disposizione è che il provvedimento sia stato rilasciato all'esito di un procedimento che abbia verificato la mera «esistenza» del titolo abilitativo legittimante la costruzione, a prescindere dalla circostanza che sia stata o meno riscontrata la conformità dell'intervento;
- la citata disposizione prospetta incertezze interpretative che si sommano ai dubbi applicativi riferiti alla nuova disciplina dell'accertamento di conformità di cui al nuovo articolo 36-bis del testo unico. Con riferimento alle fattispecie abusive di minor gravità, viene introdotta una nuova sanatoria per le ipotesi di parziale difformità dal permesso di costruire e dalla segnalazione certificata di inizio attività che prevede il superamento del principio della cosiddetta doppia conformità urbanistico-edilizia, e l'introduzione del meccanismo del «silenzio assenso», anche per gli immobili soggetti a vincolo paesaggistico;
- a tale riguardo, il termine ristretto di formazione dell'assenso tacito da parte degli enti interessati appare del tutto irragionevole e tale da vanificare il corretto esercizio delle funzioni di regolazione dell'uso del territorio e, più in generale, di tutela dell'ambiente e del paesaggio, privando le amministrazioni competenti della effettiva possibilità di espletare le rispettive attribuzioni, costituzionalmente garantite;
- si osserva che la formulazione della norma presenta ampi margini di incertezza in ordine alla riconduzione della singola fattispecie nell'ambito della parziale difformità piuttosto che nell'ambito della variazione essenziale, con il rischio che si creino diverse e contrastanti prassi applicative e che la medesima fattispecie abusiva possa accedere alla sanatoria senza la «doppia conformità» in alcuni comuni ovvero essere ritenuta una variazione essenziale, e dunque soggetta alla «doppia conformità», in altri, con l'effetto di generare disparità di trattamento tra i cittadini e aggravare il contenzioso giudiziario;
- i profili distintivi dell'accertamento di conformità di cui al nuovo articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e il conseguente impatto che ne deriva rispetto all'equilibrio sino ad ora garantito dal principio della doppia conformità edilizia e urbanistica sono misurabili anche alla luce della cornice edittale prevista in relazione all'oblazione che risulta incrementata in modo significativo (di sei volte nel limite massimo) rispetto alla sanatoria di cui all'articolo 36 del medesimo testo unico;
- sotto il profilo paesaggistico si stigmatizza il complessivo indebolimento degli strumenti di tutela previsti dall'ordinamento. Tanto è ravvisabile con riferimento alla disciplina delle tolleranze costruttive, per le quali, come rilevato, si prevede l'esclusione dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica nonostante i relativi interventi, nei limiti percentuali sovradimensionati dal provvedimento, possano incidere su altezza, distacchi, cubatura, superfici ed ogni altro parametro delle singole unità immobiliare potenzialmente idoneo ad incidere negativamente sui valori del paesaggio. Alla medesima conclusione si perviene con riferimento alla previsione contenuta nella nuova sanatoria di cui all'articolo 36-bis del Testo unico che subordina gli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, al parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni decorso i quali il responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. Tale disciplina appare eludere lo stretto perimetro applicativo tracciato dall'articolo 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio con riferimento agli interventi ammessi all'accertamento di compatibilità paesaggistica;
- le richiamate disposizioni appaiono inconciliabili con il valore rafforzato attribuito alla tutela dell'ambiente e del paesaggio, principio fondamentale del nostro ordinamento a seguito della recente modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione apportata dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022;
- il provvedimento in esame si pone pertanto in contrasto con gli articoli 3, 9, 32, 41, 97, 117 e 118 della Costituzione e con i princìpi costituzionali di ragionevolezza e di proporzionalità;
per tutte le succitate ragioni,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1896.
- Esame di una questione pregiudiziale
- 0:00:5115:12Presidente, sulle modalità dell'esame della questione pregiudiziale
- 0:10:4215:13Alfonso Colucci(M5S), illustra la sua questione pregiudiziale n. 1
- Presidenza del vice presidente Sergio Costa
- 0:05:3415:24Erica Mazzetti(FI-PPE)
- 0:05:1515:29Isabella De Monte(IV-C-RE)
- 0:04:3915:34Antonio D'Alessio(AZ-PER-RE)
- 0:04:2015:39Gianluca Vinci(FDI)
- 0:05:0915:43Augusto Curti(PD-IDP)
- 0:05:2815:48Francesca Ghirra(AVS)
- 0:06:3515:54Gianangelo Bof(LEGA)
- 0:00:3516:01Presidente, comunicazioni varie
- 0:01:3616:01Votazione e reiezione della questione pregiudiziale n. 1