30 Ottobre 2024
Dl Casa, a Roma il cambio d’uso resta con obbligo di standard
Dl Casa, a Roma il cambio d’uso resta con obbligo di standard
Restrizioni al “salva casa” nella circolare dell’Urbanistica inviata agli uffici per gestire l’impatto del Dl 69/2024 nella Capitale. Depotenziate anche le deroghe sull’agibilità: applicabili solo al patrimonio esistente (fonte NT+Enti Locali & Edilizia)
A Roma l’esenzione dell’obbligo per il reperimento degli standard nei casi di cambio d’uso cosiddetto verticale (tra diverse categorie) - misura prevista dal decreto legge n.69/2024 (cosiddetto “salva casa”) - non si applica. Non trovano applicazione neanche le deroghe ai limiti dimensionali per l’agibilità nei casi di nuove costruzioni, demoricostruzioni e cambi d’uso. Lo afferma in modo chiaro e netto l’amministrazione capitolina in una circolare che il Dipartimento dell’Urbanistica ha inviato a tutti gli uffici che dovranno istruire le pratiche edilizio-urbanistica a seguito delle consistenti novità introdotte dal decreto, entrate definitivamente in vigore il 28 luglio scorso.
Cambi d’uso
Il riferimento sul cambio d’’uso è al secondo periodo del comma 4 dell’articolo 23-ter del Testo unico edilizia come rivisitato dal decreto legge. La norma prevede appunto che il cambio di destinazione d’uso tra diverse categorie «non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150». Ebbene, secondo l’amministrazione capitolina, questa esenzione a Roma non si applica. Il motivo - spiega la circolare - è che lo stesso decreto fa salve «le disposizioni delle norme della pianificazione urbanistica comunale in merito alle destinazioni d’uso e ai mutamenti di destinazioni d’uso ammissibili». L’amministrazione capitolina sostiene che queste norme già ci sono: «Si ritiene - spiega la circolare - che la non assoggettabilità all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, prevista dal legislatore nazionale, non è applicabile in quanto può operare solo in carenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica invece presenti nelle Nta del Prg vigente».
Oblazione Scia in sanatoria
Una seconda indicazione riguarda le oblazioni dovute per le Scia in sanatoria a fine lavori in variante al permesso di costruire (ex articolo 22, comma 2-bis del 380) e per le Scia in sanatoria ordinaria (ex articolo 37 del Dpr 380). Nel primo caso, se la variazione soddisfa la cosiddetta conformità asimmetrica (conformità edilizia “storica” e conformità urbanistica attuale) «l’oblazione sarà pari al doppio del contributo di costruzione incrementato del 20% ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, sarà determinato in misura pari al contributo di costruzione incrementato del 20%». Se invece si dimostra la doppia conformità urbanistica/edilizia) «non si applica l’incremento del 20%».
Nel caso della Scia in sanatoria ordinaria, se c’è la conformità asimmetrica l’oblazione è «pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032,00 euro e non superiore a 10.328,00 euro. Nei casi di interventi che non determinano un aumento del valore venale dell’immobile, l’oblazione sarà pari al valore minimo di 1.032,00 euro». Se poi si dimostra la doppia conformità «l’importo è determinato ai sensi del punto 4 della D.A.C. n. 44/2011 (MS, RC e RE art. 22 c. 1 lett. c) D.P.R. 380/01) in misura non inferiore a 1.000,00 euro e non superiore a 10.000,00 euro (art. 22, c. 2, lett. c) L.R. Lazio n. 15/2008)».
Agibilità
Un’altra, rilevante, indicazione applicativa. Come è noto, il Dl 69/2024 ha abbassato i limiti minimi di altezza e superficie richiesti per ritenere agibili le abitazioni. Tale deroga - precisa la circolare - «è ammessa esclusivamente per interventi sul patrimonio edilizio esistente atti a garantirne il miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie; pertanto, va esclusa l’applicabilità di tale regime derogatorio ai mutamenti di destinazioni d’uso, nonché alle nuove costruzioni e agli interventi di demolizione ricostruzione anche qualora tali interventi siano classificabili in ristrutturazione edilizia». «Inoltre - prosegue la circolare - poiché l’agibilità è dichiarata al termine di lavori che devono comportare anche il miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie e che tali lavori devono essere eseguiti in conformità ad un titolo abilitativo edilizio rilasciato o assentito legittimamente, ne consegue che i locali oggetto di deroga devono già presentare caratteristiche dimensionali legittime, ad esempio in quanto realizzati ante D.M. 05/07/1975 o derivanti da condono». In altre parole: «è opportuno infine chiarire che la norma, in sostanza, non costituisce una sanatoria di opere realizzate abusivamente con dette caratteristiche
Cambi d’uso
Il riferimento sul cambio d’’uso è al secondo periodo del comma 4 dell’articolo 23-ter del Testo unico edilizia come rivisitato dal decreto legge. La norma prevede appunto che il cambio di destinazione d’uso tra diverse categorie «non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150». Ebbene, secondo l’amministrazione capitolina, questa esenzione a Roma non si applica. Il motivo - spiega la circolare - è che lo stesso decreto fa salve «le disposizioni delle norme della pianificazione urbanistica comunale in merito alle destinazioni d’uso e ai mutamenti di destinazioni d’uso ammissibili». L’amministrazione capitolina sostiene che queste norme già ci sono: «Si ritiene - spiega la circolare - che la non assoggettabilità all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, prevista dal legislatore nazionale, non è applicabile in quanto può operare solo in carenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica invece presenti nelle Nta del Prg vigente».
Oblazione Scia in sanatoria
Una seconda indicazione riguarda le oblazioni dovute per le Scia in sanatoria a fine lavori in variante al permesso di costruire (ex articolo 22, comma 2-bis del 380) e per le Scia in sanatoria ordinaria (ex articolo 37 del Dpr 380). Nel primo caso, se la variazione soddisfa la cosiddetta conformità asimmetrica (conformità edilizia “storica” e conformità urbanistica attuale) «l’oblazione sarà pari al doppio del contributo di costruzione incrementato del 20% ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, sarà determinato in misura pari al contributo di costruzione incrementato del 20%». Se invece si dimostra la doppia conformità urbanistica/edilizia) «non si applica l’incremento del 20%».
Nel caso della Scia in sanatoria ordinaria, se c’è la conformità asimmetrica l’oblazione è «pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032,00 euro e non superiore a 10.328,00 euro. Nei casi di interventi che non determinano un aumento del valore venale dell’immobile, l’oblazione sarà pari al valore minimo di 1.032,00 euro». Se poi si dimostra la doppia conformità «l’importo è determinato ai sensi del punto 4 della D.A.C. n. 44/2011 (MS, RC e RE art. 22 c. 1 lett. c) D.P.R. 380/01) in misura non inferiore a 1.000,00 euro e non superiore a 10.000,00 euro (art. 22, c. 2, lett. c) L.R. Lazio n. 15/2008)».
Agibilità
Un’altra, rilevante, indicazione applicativa. Come è noto, il Dl 69/2024 ha abbassato i limiti minimi di altezza e superficie richiesti per ritenere agibili le abitazioni. Tale deroga - precisa la circolare - «è ammessa esclusivamente per interventi sul patrimonio edilizio esistente atti a garantirne il miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie; pertanto, va esclusa l’applicabilità di tale regime derogatorio ai mutamenti di destinazioni d’uso, nonché alle nuove costruzioni e agli interventi di demolizione ricostruzione anche qualora tali interventi siano classificabili in ristrutturazione edilizia». «Inoltre - prosegue la circolare - poiché l’agibilità è dichiarata al termine di lavori che devono comportare anche il miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie e che tali lavori devono essere eseguiti in conformità ad un titolo abilitativo edilizio rilasciato o assentito legittimamente, ne consegue che i locali oggetto di deroga devono già presentare caratteristiche dimensionali legittime, ad esempio in quanto realizzati ante D.M. 05/07/1975 o derivanti da condono». In altre parole: «è opportuno infine chiarire che la norma, in sostanza, non costituisce una sanatoria di opere realizzate abusivamente con dette caratteristiche