23 Ottobre 2024

Data center alla sfida della sostenibilità, 15 mld € di investimenti in 5 anni
 

Secondo l’analisi realizzata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, alla fine del 2022 il numero di player con data center attivi in Italia era di 58 con una potenza energetica nominale di 350 MW. L’anno successivo, il loro numero è cresciuto del 14% arrivando a 66 e 430 MW di potenza per salire, secondo le previsioni, a quota 74 (825 MW) alla fine del 2025. A livello di asset, invece, il Data Center Map ha monitorato a oggi l’esistenza di 142 data center in Italia distribuiti su 38 macro aree del Paese con una concentrazione particolare a Milano (48 data center), Roma (15) e Torino (10). Numeri destinati a crescere in maniera esponenziale come confermato dall’Ida, l’Italian Datacenter Association secondo cui, entro i prossimi cinque anni, sono previsti 15 miliardi di euro di investimenti nel Paese per la realizzazione di decine di nuovi centri per la raccolta e gestione dei dati con importanti ricadute anche di natura occupazionale. Il numero di addetti ai data center dovrebbe passare, infatti, dai 29.000 di oggi agli oltre 100.000 previsti per la fine del 2028.
Con l’avvento della trasformazione digitale, la richiesta di sviluppo infrastrutturale e tecnologico sta crescendo costantemente, portando la domanda di data center a livelli senza precedenti, sia su scala nazionale che internazionale”, ha sottolineato Silvia Manzoni, associate energy & infrastructure di Savills. “Grazie alla propria posizione strategica e alla connettività facilitata a livello mondiale, l’Italia è destinata ad acquisire un ruolo ancora più cruciale nell’evoluzione di questa asset class. Basti pensare che il Paese, e quelli circostanti che lo interconnettono, sarà interessato da un’espansione dei cavi sottomarini pari a oltre 65.500 km”.
Una grande potenzialità per il mercato immobiliare del Paese che potrebbe beneficiare di questa fame di data center andando a sviluppare una rete di nodi distribuita su tutto il territorio nazionale. “A oggi Milano sta emergendo come centro strategico in Italia grazie alla sua connettività e alla potenza disponibile. I vincoli normativi e la scarsità di terreni, tuttavia, stanno inducendo gli investitori a esplorare luoghi alternativi, spingendo la concorrenza verso altre aree del Paese”, spiegano gli esperti di Colliers International secondo cui la delocalizzazione degli impianti, evitando l’eccessiva concentrazione in specifiche aree urbane, potrebbe contribuire a diversificare il panorama immobiliare nazionale e contrastare l’aumento dei prezzi di immobili e terreni.
L’aumento della domanda, unito alla crescita dei costi energetici e di costruzione, ha portato infatti a un significativo aumento dei prezzi medi richiesti in tutti i mercati europei, Italia compresa. Dall’inizio del 2022, secondo l’analisi di Savills, si è registrato un aumento medio del 36% per le locazioni di data center da 4 kW, del 47% per quelli da 10 kW e del 51% per quelle da 100 kW. E nei prossimi tre anni gli analisti prevedono un aumento dei canoni di locazione tra il 5% e l’8% all’anno.
Diverse sfide interessano questo settore oggi: carenza di infrastrutture energetiche, iniziative legate al tema della sostenibilità, espansione, mitigazione del rischio di obsolescenza”, ha avvertito Lydia Brissy, director di Savills European Commercial Research. “Ne consegue che il settore richiederà ingenti capitali nei prossimi anni, anche in termini di CapEx, attirando crescenti capitali da parte dei fondi di private equity.” Ed è proprio la sostenibilità di queste infrastrutture energivore il fattore chiave su cui si giocherà il futuro dei data center in Italia e nel mondo. Sia sotto il profilo dell’approvvigionamento attraverso lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili; sia sotto quello dell’efficientamento dei processi di costruzione e di gestione. Basti pensare che, secondo un rapporto di S&P Global, lo scorso anno 5 giganti della tecnologia hanno effettuato, da soli, oltre metà degli acquisti aziendali di energie rinnovabili in tutto il mondo. E di qui al 2026, gli esperti di S&P prevedono che la quota di produzione di elettricità da fonti rinnovabili arriverà a bilanciare la crescita della domanda nelle economie avanzate come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, contribuendo a sostituire i combustibili fossili.
Per gli operatori di data center, garantire un’alimentazione sufficiente e aumentare l’efficienza sono priorità assolute”, ha evidenziato Aaron Scully, gestore di portafoglio di Janus Henderson Investors. “Le strategie adottate vanno dal trasferimento delle operazioni più vicino alle fonti di energia, all’esplorazione di opzioni di autoproduzione come microreti, celle a combustibile, piccoli reattori nucleari e energia a idrogeno”.
Per cercare di mettere dei paletti alla realizzazione di data center limitando l’impatto ambientale in un comparto ancora scarsamente normato a livello italiano e comunitario, il ministero dell’Ambiente ha emanato un decreto (257/2024) che mira a definire le procedure di valutazione ambientale di data center con generatori di emergenza con potenza superiore a 50 MWt. “I data center rappresentano quasi il 3% della domanda di elettricità dell’Ue, percentuale che molto probabilmente aumenterà nei prossimi anni, con la conseguente necessità di indirizzare gli operatori verso nuovi progetti e sviluppi di efficienza al fine della sostenibilità e dell’efficacia nell’utilizzo dell’acqua, fattore di riutilizzo dell’energia, o uso delle rinnovabili, il riutilizzo del calore di scarto nelle strutture e nelle reti vicine”, hanno spiegato dal ministero. In particolare, sotto il profilo energetico, il testo emanato ad agosto dal Ministero stabilisce che i nuovi data center debbano prevedere “una produzione di energia da fonti rinnovabili, con la massima copertura possibile con impianti fotovoltaici di tetti, tettoie e superfici impermeabilizzate comprese quelle eventualmente previste per le aree di parcheggio”.
Non solo. Si dovrà prevedere il recupero dell’acqua per il raffreddamento dell’impianto e utilizzare la geotermia per il condizionamento degli spazi interni. E questo, in relazione soprattutto all’avvento di una nuova tipologia di data center dedicati al mondo dell’intelligenza artificiale che presentano un livello di utilizzo di energia superiore di 4 o 5 volte rispetto ai centri di calcolo di tipo tradizionale.
Lo spostamento verso i data center dedicati all’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il modo di costruire questa tipologia di immobili”, ha spiegato Francesco Rucco engineering director di Bouygues. “Una struttura di questo tipo prevede infatti una quantità elevatissima di calore che deve essere smaltito imponendo la scelta di strategie costruttive ottimizzate per abbattere i consumi dell’intero asset e limitare le dispersioni”.
In questo contesto, uno degli elementi strategici da considerare è legato ai sistemi di raffreddamento degli ambienti, responsabili di oltre il 30% del totale dell’energia consumata da un data center. Per questo, negli ultimi anni si è passati da sistemi di raffreddamento ad aria a tecnologie più evolute di liquid cooling, più performanti ed efficienti. Una metodologia capace inoltre di integrarsi perfettamente all’interno del tessuto sociale delle comunità in cui si trovano i data center offrendo benefici considerevoli per cittadini e imprese.
Tra i nostri  principali interlocutori al momento dello sviluppo di un nuovo data center ci sono proprio gli enti territoriali. Si è ormai capito che la valorizzazione brownfield, riqualificando aree o immobili già esistenti, consente di migliorare la territorialità con una rivalutazione delle zone in cui si inserisce il progetto”, ha sottolineato Marco Casaletta, sales engineer & telco operator manager di Data4.
A differenza di un polo logistico, per esempio, un’infrastruttura come il data center non ha impatto su viabilità ma, al contrario, consente all’asset di offrire servizi aggiuntivi alla comunità, a partire dal teleriscaldamento fino ad arrivare alle opere di infrastrutturazione viaria come le piste ciclabili che si traducono in una rivalutazione delle aree comunali in cui i data center vanno a inserirsi”.